Dal 9 al 18 Dicembre 2022

Venerdì e Sabato ore 21.00 – Domenica ore 17.30

IFIGENIA IN AULIDE

di Euripide

Versione italiana di Fabrizio Sinisi

Regia Alessandro Machìa

Con Andrea Tidona e Alessandra Fallucchi
Roberto Turchetta, Carolina Vecchia

E con Lorenza Molina, Carlotta De Cesaris, Elisa Galasso, Chiara Scià

Con la partecipazione di Paolo Lorimer nel ruolo di Menelao

Costumi Sara Bianchi – Luci Giuseppe Filipponio – Suono Giorgio Bertinelli – Movimenti coreografici Fabrizio Federici Assistente alla regia Lorenza Molina – Organizzazione generale Rossella Compatangelo 

Ufficio Stampa Maya Amenduni – Comunicazione Sofia Chiappini – Foto di scena e grafica Manuela Giusto

 

 

Un interprete d’eccezione, Andrea Tidona (nastro d’argento come miglior attore per il film capolavoro “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana) nell’ultima delle tragedie euripidee. Rappresentata postuma nel 399 a.C., in un periodo di profonda crisi del modello della pòlis greca – di lì a poco ci sarebbe stata la disfatta di Atene contro Sparta e la fine di un modello politico democratico, Ifigenia in Aulide è una tragedia ambigua in cui, come nell’Alcesti, si mette in scena un sacrificio e una morte che poi si rivelerà apparente. Gli dèi di fatto non ci sono più, il tragico sembra sfarinarsi per assenza di eroi che in Euripide sono solo uomini lacerati, deboli, mutevoli, che agiscono in base ai loro desideri e alle loro paure, lontani anni luce sia dal modello omerico che da quello eschileo. A dominare è la ragione strumentale e il discorso politico del potere. Emblematico, in questo senso, è il trattamento che Euripide riserva ad Achille, eroe demitizzato, quasi un personaggio comico, incapace di corrispondere al suo stesso mito originario, che non agisce, evita lo scontro con i soldati, facendosi sofisticamente paladino della persuasione e del dialogo, pur ripetendo – quasi volesse essere quell’Achille omerico che Euripide non gli permette di rappresentare – che lui salverà Ifigenia. Come quando dice a Clitennestra: «Ti sono apparso come un dio e non lo ero. Ma lo diventerò». La crisi del sacro in Euripide emerge anche dalla figura dell’indovino, qui considerato dai protagonisti alla stregua di un volgare ciarlatano, di un imbonitore funzionale a tenere a bada la massa.

Svetta su tutti Ifigenia, fanciulla fragilmente umana, quando conosce la decisione della sua morte, che diviene poi eroica e serena nel suo sacrificio. Impedisce alla madre di piangere, saluta tranquillamente i suoi cari e invoca su di sè la mano omicida, per dare la salvezza e la vittoria agli Elleni. Una giovinetta capace di tanto supera le altre eroine di Euripide e, nella sua tenerezza infantile parla meravigliosamente al nostro cuore.